La Lasagna di montagna: farina di castagne, erbe del prato, stracchino, taleggio e branzi



Ma quanto tempo è passato dall'ultimo MTC? Tanto. Molto... Anzi parecchio, per citare Jannacci e sorridere un attimo. Però lo confesso, un po' di nostalgia c'era e pur già sapendo che la mia ricetta sarà fuori concorso, perché questo anno non ho proprio partecipato o forse ho fatto solo due o tre puntate, non potevo mancare.
Ci voleva la Sabrina a farmi venire la voglia di tornare. Però resto sempre con le stesse abitudini, per me quasi  un rituale: leggo la ricetta del mese. Inizio a pensarla. Poi i giorni passano e mi riduco sempre in zona Cesarini.
Se si tratta di un tema/ricetta che ho già fatto, per me è più facile perché devo solo reinterpretare. Questa puntata è sulle lasagne... quante lasagne avrò fatto in vita mia? Tante ma non tantissime. E la cosa carina è che, lo posso dire, talune "di tutti i colori", proprio come Sabrina vorrebbe vederne.
Quindi non volevo ripercorrere il tema del colore. Invece l'idea di questa versione mi ha folgorato praticamente al secondo giorno di "cogitatio delirante". E il motivo è presto spiegato: mi piace parlare la lingua delle mie montagne. Anche se non sono le Nobili Dolomiti, le mie semplici Prealpi Orobiche hanno un fascino a cui non so rinunciare. Qualcuno dice che il sangue chiama. E' vero: ed io rispondo!
Parlare la mia lingua in cucina, significa raccogliere quello che le più umili tradizioni locali offrono, insieme alle poche ma buone eccellenze del territorio bergamasco, e declinare alla mia maniera.
Raccolgo un'eredità familiare fatta di nonni che vivevano nel bosco e che hanno superato una Guerra sfamando nove figli con una mucca, capre, galline e conigli, insieme a castagne, formaggio, uova, fagioli e polenta. E inizio il mio racconto lungo il viaggio che mi porta a preparare questa lasagna.


La sua pasta è setosa e sottile, ma non troppo, perché la preparo con 1/3 di farina di castagne e quando la tiro, col mattarello, devo stare attenta che non si stracci. La sua nota dolce mi servirà per bilanciare, in un gioco di contrasti, il retrogusto leggermente amaro del ripieno.


 La besciamella è cremosa e carica di sostanza, grazie all'aggiunta di un mix di taleggio e stracchino. Li amo, questi preziosi formaggi delle nostre valli, che vedono la loro origine durante l'antica transumanza delle vacche dagli alpeggi estivi, quando il latte munto la sera, poco e magro per la stanchezza delle bestie, veniva lasciato raffreddare. E al mattino, una seconda mungitura ed una cagliata calda, unita al latte della sera prima, originavano un formaggio magro, profumato e morbido, pronto dopo soli 15 giorni di riposo. Lo stracchino, appunto.


 Il ripieno è di magro, magrissimo! E' fatto con le erbe dei prati, semplici e rustiche. Sono erbe che crescono anche a quote basse, ma se potete raccoglierle in luoghi lontani dal traffico vi garantite un prodotto assolutamente unico. 
Vorrei che provaste questo mix, che contiene Achillea, Artemisia, Trifoglio, Piantaggine, Ortica, Erba medica, Tarassaco e qualche foglia di salvia selvatica... Avrei voluto poter aggiungere anche lo spinacio selvatico, chenopodium in origine o più semplicemente detto anche Buon Enrico, ma alle mie quote non è facile trovarlo. Bisogna salire un bel po' ed io non ne ho avuto il tempo. Quindi ho usato solo foglie di prato raccolte a quattro passi da casa, che ho semplicemente sbollentato e poi ripassato nel burro, rigorosamente di malga. Ma anche così, vi assicuro che il profumo di queste lasagne è assolutamente unico. Insieme a questi tipici aromi, qualche fettina sbrigiolata di Branzi, un formaggio a pasta semicotta, stagionato da due e fino a sei mesi; è famoso perché lo usiamo per la polenta taragna, ma in questa lasagna dà il meglio di sé.
Vi dico solo che i miei figli, dei quali è nota su questi schermi la "schizzineria", stasera hanno spazzolato queste due dosi come se non ci fosse un domani.
Invece un domani potrà senz'altro esserci, però dobbiamo comprendere l'importanza della Cura per la nostra Terra, per il bosco (con le sue castagne!) e l'erba, perché i semplici fiori di prato e di malga donano al latte un grandissimo livello qualitativo ed estendono il loro profumo anche ai formaggi. Il cerchio lo chiudo qui.
La lasagna di montagna, così come l'ho voluta presentare, potrebbe entrare a pieno titolo nel menù di un ristorante quotato. Ma potrete farla anche nella classica teglia da pranzo della domenica: un applauso dai familiari non ve lo toglierà nessuno.

dosi per circa 10 porzioni
per la pasta
210 g. complessivi di farina
(di cui 70 g. farina di castagne, 70 g. farina 00, 70 g. farina 0)
2 uova
un pizzico di sale

per la besciamella
400 g. latte fresco intero
40 g. farina 00
25 g. burro
80 g. taleggio e/o stracchino
sale, noce moscata

per il ripieno
170 g. erbe di prato (peso già sbollentate e strizzate)
100 g. formaggio Branzi tritato e sminuzzato
Formaggio Grana padano grattugiato
Burro fresco di malga, sale, pepe


La pasta l'ho preparata come da ricetta di Sabrina, rigorosamente l'ho tirata a mano, tagliando dei pezzetti e ricavando delle strisce. L'ho sbollentata e lasciata riposare su un telo da cucina.
Nel frattempo ho preparato la besciamella: scaldando il latte con il burro, ho aggiunto poco per volta la farina sbattendo con una frusta, poi ho regolato di sale e noce moscata. Quindi, a fuoco basso ho continuato a frustare fino ad ottenere, dopo circa 7, 8 minuti, una crema vellutata. Solo allora ho messo il taleggio e lo stracchino a pezzetti, e rimestato bene per farlo sciogliere.

Per le erbe: le ho pulite dai gambi più duri tenendo solo le foglie, le ho sciacquate e sbollentate 30 secondi in acqua bollente, quindi passate in acqua freddissima, meglio se ghiacciata. Le ho scolate e strizzate un po' tra le mani. Prima di ripassarle nel burro, scaldato fino al colore nocciola, è meglio tagliarle almeno un po', così grossolanamente. Ho regolato di sale ed assaggiato: se vi sembrano troppo amare nel loro retrogusto, potrete correggere con una punta di cucchiaino di miele, ma data la presenza della farina di castagne nella pasta, la nota dolce non mancherà al piatto complessivamente, quindi io non l'ho messo.
Infine, ho montato le lasagne come di consueto: facendo un leggero strato di besciamella sul fondo di una teglia imburrata, poi partendo a fare strati con la pasta, le erbe, le briciole di Branzi, qualche cucchiaiata di besciamella e una grattatina di grana padano. L'ultimo strato lo ho lasciato completamente in vista, perché dopo circa 15 minuti a 180°, la gratinatura del Branzi rende tutto golosissimo ed anche i bambini, di fronte al formaggio filante non sanno resistere.

 Ecco le vere protagoniste del piatto, le erbe spontanee
l'artemisia

 il trifoglio

la piantaggine

 la salvia dei prati

Mancano le fotografie del tarassaco e dell'ortica, dell'erba medica (che ho dovuto far raccogliere al mio bambino perché bisognava scavalcare una staccionata e lui è mooolto più agile di me!) invece l'achillea si vede spuntare dal sacchetto con i suoi fiori rosa.  Rimedierò presto.

Come sempre, ringrazio l'MTC per la grande opportunità che, per me, rappresenta per spingermi ad andare "oltre".

Pasta fresca di grano saraceno, funghi e crema al bagoss



La stagione che arriva, invita indiscutibilmente alla preparazione di cibi consistenti, caldi e sostanziosi. Da una parte voglio godermi questa ultima coda di tempo tardo estivo (e direi bene, dopo l'estate che abbiamo avuto, che non ho nemmeno tirato fuori le canotte dal cassetto!) ma dall'altra viene un momento in cui, quando apro le finestre al mattino e trovo un po' di foschia, sono felice. E manco a dirlo, mi si scatena anche la voglia di stare in casa a cucinare. Posso anche stare tutta al domenica in casa senza metter fuori il naso, ma rigorosamente metto le mani in pasta!
Allora, avanti tutta per quei piatti tanto comfort.
Come questo, dove gli ingredienti sono, in primis un tributo profondo e sentito per le terre di montagna. Nondimeno, vuole essere una ricetta in tema anche con i dieci prodotti che mi piacerebbe trovare al Salone del Gusto, che aprirà i battenti giovedì 23 ottobre ed offrirà ai visitatori la possibilità di "inseguire" tante eccellenze gastronomiche, sia del nostro paese che anche dal mondo. Quindi un'opportunità unica per andare alla scoperta, anche di ingredienti nuovi, introvabili, esotici, ma sopratutto eccellenti. Io partirò con una lista tutta mia, una specie di lettera dei desideri. E sono certa che qualcuno di questi lo troverò senz'altro!
Ecco che ritroviamo la mia amata la farina di grano saraceno per la pasta fresca; funghi freschissimi dal bosco, saltati appena un poco, ma rigorosamente ancora "croccanti" per il condimento... e una vellutatissima crema di latte, panna e formaggio stagionato. Qui ho scelto il Bagoss, un formaggio che non manca mai di stupirmi ogni volta che lo metto in tavola: lo trovo adatto per dare corpo e sostanza a creme e vellutate, che come in questo piatto, vestono e completano il mix dei gusti alla perfezione. Un matrimonio perfetto, si potrebbe dire. Ma voi sentitevi liberi di usare "il vostro" formaggio d'eccellenza. Sicuramente troverete qualcosa di tipico del vostro territorio, da usare, ad esempio il bitto in Valtellina, il Vezzena in Trentino, oppure lo Sbrinz.. ne sarete comunque stupiti.



dosi per 4 persone
per la pasta al grano saraceno
130 gr. farina 00
80 gr. farina di grano saraceno
2 uova
2 cucchiai acqua 
1 cucchiaio olio
una presa di sale
per i funghi
250 gr. funghi puliti (qui i finferli)
1 spicchio d'aglio
olio, sale e pepe
per la crema al Bagòss
50 ml. latte
100 ml. panna
100 gr. Bagoss 36 mesi, grattugiato
pepe

Preparare la pasta impastando gli ingredienti come preferite: sulla spianatoia nel modo tradizionale come vedete qui, oppure nel mixer, per me il mitico bimby.
Formare un impasto compatto, da lasciar riposare almeno una mezz'ora in frigo, avvolto da una pellicola.
Tirare la pasta con la macchinetta usando il rullo per le reginette.

Lasciare riposare la pasta fresca su dei vassoi di cartone, tipo quelli da pasticceria, ben infarinati e nel frattempo preparare il condimento. I funghi vanno puliti con un coltellino raschiando la parte della radice, poi puliti con uno spazzolino sotto un filo d'acqua ed infine asciugati bene. Tagliarli a listarelle e saltarli nell'olio ben caldo con uno spicchio d'aglio, da lasciare intero e possibilmente vestito della sua pellicina. Regolare di sale e lasciarli cuocere alcuni minuti, se serve potete aggiungere qualche cucchiaio di acqua, o se preferite, sfumare con del vino bianco secco. Se potete, usate una pentola ampia che possa poi contenere anche la pasta.

Infine cuocere le reginette, in abbondante acqua bollente e salata: se sono ancora fresche e morbide basteranno solo 3 o 4 minuti, ma regolatevi in base allo spessore che avrete dato. A me piacciono non troppo sottili.
Mentre cuociono, scaldare il latte e la panna, sciogliervi il Bagoss battendo con il cucchiaio di legno fino ad ottenere una crema liscia e fluida.
Scolate le reginette e saltatele nella pentola con i funghi, a fuoco medio, impiattate e servite con un bel giro di crema al Bagoss.

Dieci desideri per il Salone del Gusto


il Blut Tunt della pianura bergamasca

Quest'anno sarà la mia seconda volta al Salone del Gusto di Torino. La prima volta fu solo la scorsa edizione e di quella veloce corsa in giornata, ricordo soprattutto i visi delle nuove amiche che incontrai.
Ques'anno invece sarò ospite di Garofalo, ma non mi potrò far sfuggire un bel giro, portandomi appresso una grande borsa dei desideri (e ahimè il conseguente portafogli) perché non mi farò certo scappare alcune cosine che vorrei trovare.
Condivido la mia lista con voi... perché mi piace credere che anche la mia Terra, la Lombardia, porterà le sue eccellenze, a rendere giustizia ad un territorio non sempre valorizzato e conosciuto come meriterebbe.

Eccomi qui, tra prodotti Slow Food e Arca Slow Food, a sperare di trovare...

il Blu Tunt, fratello del più noto Strachìtunt, erborinato di latte vaccino dalle grandi e tonde forme, con elegantissime (e saporite) striature blu. Entrambi sono prodotti sul territorio bergamasco, il primo nato per mantenere la tradizione dello strachitunt di pianura, il secondo ormai con la sua D.O.P all'occhiello e portano in tavola il loro carattere forte e gusto particolare, imperdibile.

la farina di Mais Spinato di Gandino: in questo piccolo paese della Valseriana che per primo coltivò il mais, la varietà ha sviluppato un piccolo ed esclusivo ceppo, la cui produzione è talmente contenuta che supera appena il consumo locale. Si trovano sia la versione gialla che la rossa e la polenta preparata con queste farine, è una sorta di macchina del tempo: ti scaraventa indietro di cent'anni, quando non era domenica senza l'amata polentona insieme col coniglio al vino rosso e le patate.

il grano saraceno: antica pianta dai cui semi si ricava una farina impropriamente collocata tra i cereali nonostante sia più affine ad un legume, che nei secoli si inserì soprattutto nelle principali coltivazioni della Valtellina e che oggi purtroppo andata un po' a decadere. Immancabile la sua farina di saraceno per le più memorabili polente taragne, per gli sciatt e i deliziosi pizzoccheri, che riscaldano le tavolate domenicali in famiglia .

sua Maestà il riso italiano: in tutte le più note varietà che da sempre il nostro territorio sa regalare, il riso italiano è un prodotto da proteggere dalle importazioni incontrollate dall'oriente. Abbiamo grandissime varietà in Italia, dal Carnaroli al Roma ed al Vialone nano e, perché no, anche al Maratelli, ormai quasi introvabile sugli scaffali della grande distribuzione, ma che rimane tra le varietà più preziose che in Italia si coltivano.

la farina di grano saragolla: ottenuta dall'antichissima varietà di grano già coltivata sugli altipiani dell'Iran e diretto concorrente a KMzero del grano Kamut khorasan, il quale invece viene importato in Italia su esclusiva licenza dell'azienda che gli dà il nome. L'alto contenuto proteico e la grande resa gli danno un potenziale che, io lo spero sempre, possa farne un grande cavallo di battaglia italiano.


il Bagòss: un formaggio prezioso e molto particolare a pasta dura, tipico dell'alta Valle del Caffaro in provincia di Brescia, dove gli alpeggi oltre il passo di Croce Domini, con i loro fiori profumano il latte da cui viene ricavato. Ne esistono varie stagionature, fino anche a 48 mesi (!) ma in qualsiasi fascia lo si voglia degustare, è un formaggio perfetto per chi ama i gusti forti.

il burro di malga: e il motivo è presto detto... il burro è tra quegli ingredienti di cui bisogna contenere il consumo, se si ha ha cuore il proprio livello di colesterolo. Ma che vi posso dire, ci sono piatti dove il burro è un ingrediente insostituibile, come i pizzoccheri ad esempio. E piuttosto che prepararli rinunciando al burro, meglio mangiarli una volta all'anno, ma fatti come Dio comanda, cioè col burro migliore che ci sia. Quello fresco di malga, appunto, che tra l'altro saprà trasformare anche un semplice riso bollito in qualcosa di regale. Provare per credere.

l'olio d'oliva extravergine del lago d'Iseo: una piccolissima ed esclusiva produzione, questa, che nobilita la mia provincia dato che, oltre alla bresciana, anche sulla sponda bergamasca del lago Sebino si possono incontrare molti (ma comunque  sempre pochi) degli olivi da cui viene estratto questo olio molto leggero, dolce ed elegante.

la slinzega: un piccolo salume che, da quando l'ho assaggiato in tempi recenti, mi ha letteralmente fata innamorare. Normalmente preparato con carne bovina messa a marinare in sale, pepe, chiodi di garofano e una punta di cannella, ma anche ottima anche con carni di cavallo e cervo.

il miele di rododendro: da quando ho conosciuto Francesca ho avvicinato il mondo del miele e delle sue degustazioni, dal quale sono rimasta letteralmente stregata. E ogni volta che trovo un miele mai assaggiato, non me lo posso perdere. Il più recente in ordine di acquisto ed assaggio è, appunto il miele di rododendro, che ha un sapore indescrivibile. Di fiori. Anzi, di fiore. Direte "ma dov'è la novità? Ci mancherebbe solo che un miele non avesse sentore di fiori!". Ma questo è UNICO. Spero che lo possiate trovare!



© ESSENZA IN CUCINA

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